Da una parte gli smartphone sono tutti uguali, ma dall’altra le differenze ci sono e sono ben visibili. Ne abbiamo trovate dieci tra Android e iOS, che danno un vantaggio al sistema Apple. Riguardano la privacy, la fotocamera, le notifiche e tanto altro.
10 cose di iPhone che mi mancano su Android
Android è il sistema operativo per smartphone più comune al mondo. È così diffuso che in alcuni paesi sfiora anche il 90%, ma ciò nonostante il pubblico e la critica non hanno mai smesso di fare confronti diretti con l’iPhone di Apple.
Questo accade soprattutto per la storia dell’iPhone, dispositivo che ha lasciato un segno importante nella recente storia dei dispositivi elettronici personali. L’iPhone è stato per anni “Lo Smartphone”, e tutti gli altri erano imitazioni. Oggi ci sono tanti prodotti Android che hanno raggiunto un livello qualitativo molto alto, ma le differenze tra l’uno e l’altro sistema operativo ci sono ancora. Sempre più persone amano Android perché è più libero anche se ha maggiori problemi di sicurezza e stabilità. I fan di Apple apprezzano la facilità d’uso e l’immediatezza dei propri dispositivi e sono disposti a barattarla per meno flessibilità.
Nelle prossime pagine abbiamo stilato un elenco di caratteristiche e funzioni che rendono l’iPhone ancora preferibile rispetto a un prodotto Android. Alcune sono forse discutibili, una questione di preferenze personali – ma è proprio questo il punto: discutere (civilmente) e riflettere anche su questi dettagli per capire quale telefono è più adatto alle nostre esigenze.
Per questo confronto abbiamo preso in considerazione iOS 9 e Android 6.0, cercando di elencare i punti che ci sono sembrati più significativi. TRa quelli di secondaria importanza, citiamo qui il fatto che gli iPhone tendono a mantenere un buon valore dell’usato, e si possono quindi rivendere senza perderci troppo. E anche il fatto che gli sviluppatori tendono a curare di più le applicazioni, per la semplice ragione che su iOS guadagnano di più – nonostante il potenziale pubblico sia minore.
Detto questo, la lista che segue non significa in alcun modo che vediamo una netta superiorità di iOS rispetto ad Android. Questi sono solo dieci punti che potreste voler prendere in considerazione, e presto potrete anche leggere la lista delle 10 cose di Android che mancano su iOS.
Nota: nessuno si è “dimenticato” di Windows Phone e Windows 10 mobile. Il prodotto Microsoft ha le sue qualità e i suoi difetti, ma la sua presenza sul mercato è ancora molto ridotta, troppo per prenderlo in considerazione in un confronto come questo.
Se tocco in alto scorre fino in cima
Questo dettaglio non è noto a tutti i proprietari di iPhone, il che è strano perché si tratta di una funzione fantastica. Si spiega velocemente: in una pagina web (con qualsiasi browser) o un’app il cui contenuto preveda di scorrere verso il basso, possiamo tornare in cima semplicemente toccando la barra in alto, quella con l’orologio, le informazioni di rete e così via.
Un gesto semplice ma che può cambiare profondamente l’esperienza d’uso – soprattutto se dall’altra parte bisogna far scorrere il dito sullo schermo più volte per fare la stessa cosa.
In ambito Android, a volte lo stesso effetto si ottiene premendo sul tasto Home o su quello di una specifica scheda. Non è sempre uguale però, e soprattutto non è una funzione del sistema operativo – piuttosto è un bonus inserito da chi ha progettato l’applicazione stessa.
Tasto hardware per muto
Anche questo è un dettaglio tremendamente semplice, così ovvio che è davvero incredibile vedere che pochissimi produttori Android hanno anche solo provato a imitarlo – eppure imitare l’iPhone è una pratica molto diffusa presso i concorrenti di Apple.
Per chi non conosce questo smartphone, sul lato sinistro c’è un interruttore hardware da spostare in alto e in basso. Quello che fa è silenziare o attivare la suoneria. Siete in riunione e non volete essere disturbati? Mezzo secondo per muovere il tasto. Con i prodotti Android per fare la stessa cosa ci vogliono più operazioni e più tempo.
A onor di cronaca, va ricordato che c’è qualche modello Android che propone una cosa simile. In particolare, lo OnePlus 2 e l’Elephone P9000 hanno un pulsante hardware che cambia il profilo audio. Altri modelli, come i recenti Motorola o Samsung, permettono di attivare una modalità silenziosa poggiando il telefono sul tavolo a faccia in giù. La soluzione Apple resta più comoda ed efficiente.
C’è anche un aspetto negativo però: a volte l’interruttore si può attivare accidentalmente, e si rischia di non sentire il telefono.
Modalità lettura su Safari
Ecco l’unico motivo per cui uso ancora Safari su iPhone e iPad, a parte il fatto che Apple impedisce di cambiare il browser predefinito. Nella maggior parte delle pagine web che hanno del testo da leggere, c’è questo pulsante nella barra degli indirizzi. Basta toccarlo e il testo viene riformattato in modo da risultare molto più leggibile.
Chrome per Android dovrebbe introdurre presto la stessa funzione, una novità nell’aria da ormai più di un anno. Per il momento però bisogna affidarsi ad altri browser, che spesso hanno mancanze su altri aspetti, oppure ad applicazioni specifiche come Readability.
Gli aggiornamenti arrivano sempre per almeno tre anni
Questo è un tasto dolente e un confronto che merita qualche riga per chiarire i dettagli. Il punto di partenza è semplice: con un iPhone, qualsiasi iPhone, si può contare su aggiornamenti software per almeno tre anni, probabilmente di più. Le nuove funzioni a volte lasciano fuori i modelli più datati, ma gli aggiornamenti di sicurezza sono disponibili anche per chi ha un iPhone vecchio. Al momento Apple aggiorna ancora l’iPhone 5, uscito ormai quasi quattro anni fa (settembre 2012).
Nel mondo Android invece questo “privilegio” esiste solo per chi ha comprato un prodotto Nexus o i top di gamma di alcuni marchi. E anche nei casi migliori non sempre si può contare sulla regolare patch di sicurezza mensile.
Sarebbe forse più onesto considerare questo paragone solo per i top di gamma Android, considerati i prezzi degli iPhone. Così facendo però si legittimerebbe l’idea secondo cui se spendi poco (si fa per dire) per lo smartphone, allora non hai diritto nemmeno alle patch di sicurezza.
Oggettivamente gli acquirenti Apple possono stare più sereni e secondo noi tutti gli altri produttori dovrebbero imitare l’azienda di Cupertino in questo specifico aspetto, a prescindere dal prezzo. Almeno per le patch di sicurezza.
Facilità nel dare o togliere connettività mobile alle singole app
In generale il pannello impostazioni di iOS è più semplice e diretto, è più facile capire cosa fare e come farlo. Questa specifica funzione è presente anche su Android, ma con un iPhone è realizzata meglio o in maniera più comprensibile.
Su iPhone infatti basta andare su Impostazioni>Cellulare, dove troveremo la lista di tutte le applicazioni installate. Per ognuna c’è un interruttore per dare o togliere la connettività su rete cellulareall’applicazione stessa.
La stessa cosa su Android si ottiene andando a scavare nelle impostazioni della specifica applicazione, e non è uguale per tutte le impostazioni. Per la maggior parte delle applicazioni, infatti, è possibile disattivare i dati in background ma non bloccare del tutto la connettività su reti 3G/LTE. Oppure è possibile bloccare per intero i dati mobili, a livello di sistema.
Apple comunque potrebbe fare meglio: le applicazioni in questa sezione sono mostrate in ordine alfabetico. Ogni tanto sarebbe più utile vederle secondo quanti dati hanno consumato, oppure quali hanno usato la connessione dati di recente.
Migliore gestione della privacy
Per molti fan della sicurezza e della privacy, Google usa in maniera troppo serena i nostri dati d’uso e di navigazione. Anche in questo settore l’azienda di Mountain View potrebbe imparare una cosetta o due da Apple.
Tanto per cominciare nelle impostazioni di iOS c’è una voce “Privacy”, nella pagina principale. Toccandola si accede a una lista completa di tutte le voci sensibili, come contatti, calendario, foto, microfono, fotocamera e così via. Toccando ognuna di esse possiamo consultare una lista di tutte le app che hanno accesso a quella singola voce; c’è un interruttore per revocare tale accesso in qualsiasi momento. Nel caso della posizione, poi, è possibile anche verificare quali applicazioni l’hanno effettivamente usata di recente.
Su Android non c’è nulla del genere, purtroppo. Fino ad Android 5 potevamo solo dare o negare il permesso a un’app in fase d’installazione. Con Marshmallow la situazione è migliorata però: questa versione ha infatti introdotto la lista “autorizzazioni app”, che funziona più o meno come lo strumento offerto da Apple.
I tanti consumatori che hanno versioni precedenti di Android purtroppo però non hanno accesso a questa importante funzione. Inoltre è importante sottolineare che le applicazioni devono essere compatibili con questa funzione: se un’app è scritta per Android 5 o precedenti e le si revoca un permesso, potrebbe semplicemente smettere di funzionare.
Prendiamo per esempio l’app del vostro supermercato, che ha chiesto l’accesso ai contatti. Non ha nessuna utilità immediata, e per un bug o per malafede questo accesso potrebbe servire per rubare i dati delle persone in agenda. Una scelta coscienziosa sarebbe rimuovere il permesso, ma così facendo si rischia di perdere completamente l’uso dell’app stessa.
Con il tempo questa situazione andrà a risolversi, ma per ora Apple ha ancora un vantaggio.
Un pannello di controllo più ergonomico
Apple è arrivata molto dopo Google con questa funzione. Quando fu introdotto il Pannello di Controllo in iOS, infatti, i Quick Settings (Impostazioni Veloci) erano già una realtà in Android da diverso tempo. Tuttavia Apple ha ottenuto un risultato più ergonomico, versatile e in ultima analisi più utile.
Su iOS basta scorrere dal basso verso l’alto, in qualsiasi momento, per aprire il Pannello di Controllo. Si può fare anche con il telefono bloccato, a meno di aver modificato la specifica impostazione. Il Pannello stesso contiene molte meno voci rispetto ai Quick Settings di Android: ci sono i pulsanti per attivare la modalità aereo, Wi-Fi, Bluetooth, Non Disturbare e Blocca Rotazione Schermo. Un slider per la luminosità, i controlli per la riproduzione musicale. C’è il controllo AirDrop e il pulsante per accedere a timer e torcia.
Su Android bisogna invece scorrere dall’alto verso il basso, partendo dalla parte alta dello schermo. Non sembra una grande differenza, ma invece lo è; soprattutto con in telefoni più grandi, è molto più difficile accendere al volo la torcia (per esempio) usando una mano sola.
Inoltre le Impostazioni Veloci su Android non hanno sempre lo stesso aspetto. Se si apre questo pannello a telefono bloccato (prima di inserire il PIN) si vedono diverse voci su cui è possibile agire. Se il telefono invece è sbloccato lo stesso gesto va ripetuto due volte. A un primo scorrimento verso il basso si vedono le notifiche e solo una minima parte dei Quick Settings – più che altro è un promemoria per ricordarci che quella funzione è lì, pronta all’uso.
In sintesi, su Android ci vuole un movimento e un tocco in più (almeno) per fare la stessa cosa. Che sia disattivare il Bluetooth o impostare un timer. Se devo cuocere un uovo sodo, e voglio avere il timer a portata di mano, preferisco avere un iPhone in tasca che qualsiasi telefono Android.
Su questo punto però Android presenta anche qualche vantaggio: in particolare, il pannello Impostazioni Veloci può contenere più voci, e soprattutto scorciatoie per aprire direttamente il pannello Impostazioni Principali, per esempio con una pressione prolungata di un’icona. Per esempio, posso accendere o spegnere il Wi-Fi, ma anche premere un comando per andare alla voce specifica delle impostazioni. Inoltre c’è un’utile voce disabilitare il traffico dati su rete cellulare e molte altre che si possono personalizzare a piacere. Inoltre il pannello Impostazioni Veloci di Android è personalizzabile, e anche le singole app possono modificarlo.
Più controllo sulle notifiche
Quello sulle notifiche è stato un lungo dibattito, e probabilmente si protrarrà ancora a lungo – anche perché fare notifiche che siano efficaci ma non invasive non è facile. Per questo, sicuramente in molti non saranno d’accordo nel dire che iOS ha un sistema di notifiche migliore rispetto ad Android. Proviamo a spiegare perché.
Android mostra le notifiche non lette nella barra in alto, che può quindi diventare molto affolata. Qui vediamo solo l’icona delle app che hanno generato la notifica; per saperne di più dobbiamo scorrere verso il basso. A questo punto vedremo la lista di tutte le notifiche presenti, che potremo eliminare scorrendo verso destra oppure approfonire aprendo l’app corrispondente.
iOS ha un sistema più ramificato, il che è curioso perché è effettivamente più complesso rispetto a quanto proposto su Android. Di solito invece la “semplicità” è una caratteristica che gioca in favore di Apple.
Anche su iOS esiste un Centro Notifiche che si visualizza scorrendo verso il basso e poi selezionado “notifiche” (di default viene mostrato il riassunto del giorno). Ma ci sono anche i badge, piccoli cerchi rossi che compaiono sull’icona delle app, e che riportano il numero delle notifiche da leggere. Questo sistema operativo ha inoltre più opzioni su come mostrare le notifiche durante l’uso del telefono o a schermo bloccato.
A prima vista potrebbero sembrare sistemi simili, ma già da quesa prima descrizione si intuiscono i cambiamenti da un sistema all’altro. Ciò che fa la differenza sono le opzioni di personalizzazione: e per una volta iOS ne ha più di Android.
Entrambi i sistemi operativi hanno una voce dedicata alle notifiche nelle Impostazioni. La sezione corrispondente su iOS rivela però come questo sistema offra notifiche più versatili e un sistema più flessibile.
Per ogni applicazione si può decidere se l’app apparirà nel centro notifiche, se le sue notifiche saranno visualizzate con lo schermo bloccato, e se può mandare avvisi mentre stiamo usando il telefono stesso, o se le notifiche saranno visualizzate con lo schermo bloccato. Possiamo inoltre scegliere tra due diversi stili di avviso. Possiamo inoltre decidere se l’applicazione avrà il “badge”, vale a dire il cerchietto rosso con il numero delle notifiche non lette.
In Android abbiamo un percorso più lungo, vale a dire Impostazioni>Audio e Notifiche>Notifiche App. A questo punto abbiamo uno strumento solo apparentemente simile a quello offerto da Apple. Possiamo bloccare tutto, decidere che un’app è “prioritaria” – quindi la notifica ci sarà anche se è impostato Non Disturbare, consentire oppure no gli avvisi. C’è anche una voce per nascondere i contenuti riservati, quando il dispositivo è bloccato.
Manca su Android, invece, la possibilità di togliere una certa app dal centro notifiche, che quindi è sempre terribilmente affollato. Nel mio caso, per esempio, ci sono(almeno) tre account di posta, tre app social più una per le chat aziendali (molto attiva), Whataspp, messaggi, chiamate e altro. Basta una normale mattinata di lavoro affinché l’area delle notifiche assuma un aspetto preoccupante.
Queste due piattaforme hanno pregi e difetti per quanto riguarda le notifiche, ma il sistema di iOS è preferibile perché più flessibile. È determinante la possibilità di togliere un’app dal Centro Notifiche, affidandosi invece al badge. In questo modo si ottiene un centro notifiche più pulito, senza per questo rinunciare del tutto alle notifiche dell’app stessa. Su Android, di contro, posso solo bloccare del tutto le notifiche di un’app, se non la voglio nel Centro Notifiche.
iPhone, poi, ha un altro grosso vantaggio usando Whatsapp o altre app di messaggistica che danno la conferma di lettura. Nell’impostazione di base, il telefono mostra il testo del messaggio nella schermata di notifica e quindi possiamo leggere intere conversazioni senza dare la temuta doppia spunta blu. Allo stesso modo questo può diventare un problema di privacy: i nostri messaggi saranno in bella mostra sullo schermo anche a telefono bloccato. I maniaci della riservatezza possono disattivare la funzione.
iOS inoltre permette una maggiore interazione direttamente dalla notifica: posso rispondere su Whatsapp o via email senza aprire la relativa App, o senza nemmeno sbloccare lo schermo.
Backup su cloud
Tanto Android quanto iOS hanno un sistema di backup via cloud, rispettivamente su Google Drive e iCloud. L’idea è di attivare questa funzione, così poi sarà possibile ripristinare un nuovo telefono senza sforzi e senza usare mai un PC per collegare il telefono stesso.
Ebbene, sugli iPhone funziona sempre e in modo impeccabile. Con Android invece è un terno al lotto. Come in tanti altri casi, non se ne può incolpare Google. Il fatto che è gli iPhone sono tutti uguali tranne pochi dettagli, quindi è semplice “riscrivere” un vecchio iPhone 5 su un nuovo iPhone 6s Plus. Si tratta solo di aspettare che sia completo il trasferimento dati.
Con Android invece la situazione è ben più complicata. In teoria il backup su Google Drive funziona allo stesso modo, ma in pratica le differenze tra i tanti modelli, le personalizzazioni dei produttori e degli operatori e anche le versioni del sistema operativo, rendono il ripristino decisamente incerto.
In alcuni casi funziona tutto come dovrebbe, passando da un telefono a un altro della stessa marca, o ancora meglio da un Nexus a un altro. Generalmente però si riesce a ripristinare solo una parte dei dati.
Il backup di Apple inoltre è più completo: include le applicazioni installate e i relativi dati, le impostazioni, le password e anche le fotografie. Le varie voci inoltre si possono selezionare separatamente, il che è utile perché lo spazio gratis su iCloud è limitato a 5 GB, che potrebbero anche non bastare.
Il backup cloud integrato su Android quindi non è all’altezza di quello proposto da Apple. Di contro, con la piattaforma di Google è possibile usare una delle molte applicazioni terze per ottenere la stessa potenza o anche di più. Funziona, ma è più complicato.
Bloatware
Tanto Apple quanto Google “farciscono” i loro telefoni di molte applicazioni predefinite. Apple ne mette alcune, inoltre, che sono di dubbia utilità, come Borsa. E altre che servono solo ad alcune persone, come Salute o Apple Watch. In entrambi i casi è fastidioso, perché se non mi servono quelle app devo comunque tenerle sul telefono e rinunciare allo spazio (poco) che occupano.
La differenza? Tutte le altre applicazioni preinstallate sul telefono, inserite dal produttore dello smartphone e volte anche dall’operatore telefonico. Possono essere poche e innocue, come nel caso dei Motorola. Oppure possono essere troppe e fastidiose: per esempio Samsung inserisce un proprio App Store, Huawei una decina di app come risultato di accordi commerciali.
Ci si trova quindi ad accendere un telefono per la prima volta e trovarlo pieno di applicaizoni indesiderate, oltre al “pacchetto minimo” di Google che qualcuno potrebbe già considerare eccessivo.
Con un iPhone invece sappiamo che ci saranno solo le applicazioni Apple. Sarebbe meglio se non ci fossero nemmeno quelle, naturalmente, ma è senz’altro una situazione migliore.